Auto e vino

Pubblicato: 3 Maggio 2016 in De vino
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Ci siamo lasciati con una proposta. Ecco il mio primo abbinamento.

Mercedes SL300 (quella che Ivan Capelli guiderà alla Mille Miglia 2016) – anno 1954- conosciuta come Gullwing (Ali di gabbiano) con le caratteristiche portiere ad apertura verticale.

mercedes-sl-300

Una bellissima Mercedes SL300 Gullwing del 1954 con le caratteristiche porte ad ala di gabbiano “spiegate”.

Un’auto che è considerata una pietra miliare nella storia del marchio con la stella a tre punte,  un po’ per il momento storico in cui è nata, un po’ per il fatto che è il primo modello nato dopo che nel 1949 le forze alleate diedero l’autorizzazione all’azienda per ricominciare la produzione di auto (eccezion fatta per la serie W136, conosciuta con il nome commerciale di 170, che però era un progetto ante-guerra).

Ma non solo, le particolarità del progetto sono talmente tante che mi limito a citarne un paio. Il più interessante è sicuramente il telaio a traliccio di tubi, una soluzione eccellente e sconosciuta all’epoca, che creò paradossalmente un problema (l’ingombro nella zona delle portiere) che i progettisti dovettero mascherare con quelle portiere che la fecero diventare famosa. L’altro è l’iniezione diretta di benzina, una soluzione proposta da un giovane ingegnere in forze presso Daimler-Benz Avio, la sezione aeronautica della ditta, derivandola da quella utilizzata sugli aerei della seconda guerra mondiale.

La cosa che lascia colpiti è il fatto che nonostante la SL300 Gullwing (la prima versione stradale derivata dalla SL300 da gara) fosse figlia della logica secondo la quale non c’erano fondi per studiare un modello dall’inizio e che quindi andava riciclato tutto il possibile di ciò che era disponibile, il risultato fu una coupe di lusso eccezionale che ha trovato una degna erede solo nel 2003 con la nascita della Mercedes SLR Maclaren, a distanza quindi di 40 anni dall’uscita di produzione della Gullwing.

D’accordo…ma il vino? Bella domanda…E difficile. Del resto in questa situazione mi ci sono infilato io..

Ecco la mia proposta: Gravner Ribolla 2007 – Fermentazione con lunga macerazione in anfore georgiane interrate.

Ecco lo snapshot della pagina del sito nel quale si possono trovare molte informazioni sui vini e sulla storia dell’azienda.

Gravner Ribolla 2007

A parte la bellezza spoglia del sito, che sembra quasi dare più importanza alle fasi lunari che al resto, quasi che fosse la natura stessa a fare il vino, rimane da spiegare cos’hanno in comune la Mercedes SL300 e la Ribolla 2007 Gravner.

L’abbinamento è un procedimento che si basa essenzialmente sui concetti di concordanza e contrapposizione. In questo caso possiamo basarci su entrambi.

Infatti se si legge la storia o meglio ancora, si ascolta la narrazione di Josco Gravner, si capisce come si possa tracciare un parallello forte tra una ricerca dapprima mirata ad una produzione importante (in termini di qualità e di quantità) puntando su metodi e apparecchiature moderne e sfociata poi in una contro-ricerca, fino alle origini della viticoltura e la tensione alla creazione di un modello nuovo, di grande rilevanza tecnica (come la SL300) con tutte le sfide dell’innovazione da coniugare (questa volta per esigenze di tempo e budget) con l’utilizzo forzato di materiale preso dagli scaffali del magazzino…

Josco Gravner spiega il processo, e la chiave di lettura è proprio questa.

Non mi posso, ahimè, basare sulle sensazioni provate assaggiando la Ribolla di Gravner e guidando la Gullwing lungo i rettilinei e le curve di un circuito adatto alle caratteristiche di un auto di questo calibro. Ed è per questo che l’abbinamento in questione è molto “virtuale”.

Ovviamente sarei lieto che qualche possessore di una SL300 Gullwing (solo del 1954 però) si facesse sentire e mi smentisse pubblicamente, spiegando perchè questo gioiello della meccanica non si può accompagnare ad un eccellenza della viticoltura quale è la Ribolla di Gravner.

Salute a tutti.

Molto spesso il binomio vino-auto vuol dire guida in stato di ebbrezza e incidenti (purtroppo spesso mortali), ma stavolta voglio parlarne in maniera diversa.

Il mondo dell’auto è stato spesso ed è tuttora in stretto contatto con quello del vino.

Un esempio? Conoscete la storia della famiglia dei conti Marzotto, i cosiddetti “conti correnti”, i quattro gentlemen driver che a cavallo degli anni Cinquanta hanno spesso combattuto sulle strade della “Mille miglia”, della “Coppa d’oro delle Dolomiti” e della “Targa Florio” con piloti del calibro di Fangio, Taruffi, Villoresi e Castellotti?

Più degli altri si conosce certamente Giannino,  pilota  abile al punto da riuscire a vincere, rigorosamente in doppiopetto, ben due Mille Miglia, nel 1950 e nel 1953, pilotando due Ferrari eccezionali, rispettivamente la 195 S coupe Touring e la 340 America spyder Vignale e segnando nel 1953 il nuovo record di velocità media sul tracciato tra Brescia e Roma e ritorno.

Nel 2006 è lo stesso Giannino (scomparso poi nel 2012) a raccontarci con immutato entusiasmo le avventure di quegli anni nel libro “Così e o mi parve” (editrice Fucina) e a parlarci delle sue paure, delle sue sfide e anche delle sue auto.

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Giannino Marzotto alla guida della Ferrari 340 America spyder Vignale. (da La Mille Miglia e Giannino Marzotto)

Non è un mistero che una delle più rosee realtà della viticoltura del NordEst faccia capo a Zignago Holding, la società della famiglia Marzotto che prosegue il cammino iniziato negli anni ’30 dal conte Gaetano con il gruppo Industriale Zignago.

Parlo naturalmente del gruppo vinicolo Santa Margherita, ormai un colosso che è  cresciuto sino a diventare un vero e proprio “mosaico enologico” (cito dalla pagina di presentazione del gruppo) che abbraccia alcuni fra i più importanti “terroir” italiani, dal Veneto Orientale, alla Franciacorta,passando dalla Toscana fino alla Sicilia.

E quale migliore esempio di legame tra mondo del vino e quello dell’auto della partecipazione per il secondo anno consecutivo del gruppo Santa Margherita alla Mille Miglia Storica in qualità di Main Sponsor e della partecipazione diretta di Stefano Marzotto su Lancia Aurelia B20 e di Ettore Nicoletto, amministratore delegato del gruppo, su Aurelia B24, oltrechè di un ospite di eccellenza come Ivan Capelli alla guida di una splendida Mercedes SL300?

Neanche a dirlo, vino e auto d’epoca sono due mie grandi passioni, se chiudo gli occhi mi viene facile immaginarmi in una bella spider d’epoca percorrendo le tortuose strade del Chianti senese, fare una sosta in una delle innumerevoli piccole cantine che producono quei vini che solo se li bevi lì, con quell’aria, hanno quel sapore ruvido e vellutato ad un tempo…E allora mi è venuta in mente un’idea. Uno spunto, più che un’idea.

Le auto d’epoca sono come il vino buono, superano il concetto di tempo e migliorano (se curate e amate) con il passare degli anni. E ovviamente aumenta il loro valore.

La proposta è di trovare abbinamenti tra vino e auto, un po’ come fanno i sommelier di tutto il mondo quando abbinano cibo e vino. Non credo che ci siano regole in materia, non credo ci siano abbinamenti giusti o sbagliati, solo punti di vista, dettagli che qualcuno può notare e che agli occhi degli altri non ci sono…

Salute a tutti.

And the winner is….

Pubblicato: 11 aprile 2016 in De vino

00000016Bentornati a tutti.

And the winner is….

Tutti i grandi concorsi finiscono così… e noi invece “ri”cominciamo così, con una frase che ha molto di relativo e niente di assoluto, in un momento storico in cui i blogger si occupano di tutto e l’informazione è diventata ancora più filtrata (dagli occhi e dalle parole di chi la racconta e la scrive) di quanto sia mai stata.

So che quello che ho scritto non vuol dire niente o quasi, solo che alcuni mesi di ruggine non si cancellano con una sola spruzzata di spray sbloccante… ci vuole un po’ di pazienza e un po’ di vino buono.

Grazie per la pazienza, ora possiamo parlare di cose serie.

Il mondo del vino si è svegliato, con la primavera, con le grandi fiere d’affari, con Vinitaly, modestamente definita “la più grande manifestazione dedicata al mondo del vino”,  con Viniveri (inspiegabilmente sovrapposte, come ogni anno del resto) e anche con l’Oscar del Vino

Infatti, noi Italiani non ci siamo accontentati di accaparrarci l’Oscar per il miglior attore (Leonardo di Caprio non è Italiano?…a me risulta di si…) e quello per la miglior colonna sonora con il nostro orgoglio nazionale Ennio Morricone, abbiamo anche deciso di rinnovare la tradizione iniziata ormai nell’ormai lontano 1999 e indire anche quest’anno un concorso tutto italiano, quello dell’OSCAR DEL VINO promosso su Bibenda, il portale web della Fondazione Italiana Sommelier.

Ovviamente tutte le nomination sono orgogliosamente Made in Italy e sono felice di notare che nella lista (possiamo votare tutti) c’è una nostra vecchia conoscenza, il Kurni 2013 di Oasi degli Angeli, l’eccellente vino rosso (la nomination è proprio per il miglior vino rosso) di cui abbiamo anche parlato qualche tempo fa.

Le categorie per le quali votare sono 10 e comprendono anche il miglior Olio del raccolto 2015 e la Migliore Grappa.

La cerimonia delle premiazione si terrà il 24 aprile all’Hotel Rome Cavalieri e l’evento sarà trasmesso da Raidue in differita (ve ne darò notizia appena possibile). Per chi volesse il programma dell’evento eccolo.

Lungi dal voler dare consigli a votare questo o quest’altro vino – del resto, molte delle nomination non fanno parte del mio “carniere di caccia” – vi consiglio invece di “andare a votare”… ecco il link… Ma ricordate che si vota solo fino al 13 aprile… affrettatevi.

e poi non si dica che non sono schierato…

Buon voto a tutti e che vinca il migliore.

Ah, sul sito vi chiederanno di cliccare “Mi piace” sulla pagina facebook…L’invito vale anche per la nostra, bisognosa di “Like” come non mai in questo periodo. Grazie in anticipo.

Salute a tutti, gente…

 

Ci sono stelle che cadono ed esaudiscono desideri neanche sussurrati e ci sono stelle che cadono nei bicchieri, con un tonfo leggero, e poi si lasciano bere.

E’ quello che succede ormai da 18 anni nei giorni vicini a San Lorenzo, grazie alla manifestazione Calici di Stelle.

E’ iniziata in sordina e poi via via ha preso piede.

Quest’anno sono ben 13 le regioni in cui trovare cantine aperte e 11 quelle in cui ci sono cantine partecipanti direttamente alla manifestazione voluta dal “Movimento Turismo del Vino” in collaborazione con “Città del Vino”.

Lo so a cosa state pensando…

…non sarà mica la solita tirata con relativo elenco di date, numeri e indirizzi dove andare, no?….

No, non lo è, giuro che non ci ho pensato. Non vorrete mica che io abbia interrotto il torpore in cui languiva questo blog da ormai 2 mesi solo per fare un bieco elenco di nomi e date…? No, per quello esiste il sito di “Movimento Turismo del Vino”, dove trovate tutte le info del caso.

E’ piuttosto per scovare uno di questi “luoghi del vino”, un pò lontano e poco facilmente raggiungibile, tranne che per i vacanzieri e gli oriundi, e dargli un pò del risalto che merita.

Chiudete gli occhi, immaginate una lunga e assolata strada statale nel cuore della Sicilia Occidentale, precisamente la ss.624 a scorrimento veloce Palermo – Sciacca (so che la toponomastica male si taglia con i sogni ad occhi aperti, per questo vi ho chiesto di chiuderli). Immaginate il paesaggio sullo sfondo, una ricca vegetazione con la cornice dei rilievi di Poggioreale. Ed ecco lungo la strada una tenuta:  CONTESSA ENTELLINA, Tenuta di Donnafugata.

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La tenuta è un piccolo capolavoro di sostenibilità, grazie all’impianto di pannelli fotovoltaici installato nel lontano 2002 (18 kw) e poi incrementato nel 2009 con ulteriori 50 kw. I due impianti supportano insieme il 70% del fabbisogno energetico della tenuta. Nel 2009 un impianto di 50 kw è stato istallato anche a Marsala, nella sede principale di Donnafugata. Tanta sensibilità ha fruttato anche l’ammissione (già dal 2002) al Kyoto Club,l’organizzazione italiana che riunisce chi applica il Protocollo sulla riduzione dell’emissione dei gas serra.

Ma la sostenibilità ambientale a Donnafugata (e a Contessa Entellina in modo particolare) non si limita al puro risparmio energetico. Dal 2007 infatti Donnafugata fa parte, come unica azienda in Sicilia, del progetto sperimentale di Agriveltha che ha l’obiettivo di prevedere l’insorgenza delle condizioni favorevoli allo sviluppo di peronospera e oidio (malattie della vite) in modo da ridurre al mimino indispensabile l’utilizzo di trattamenti fitosanitari. Lo studio si avvale di una centralina che monitora una serie di parametri climatici ed ambientali come la quantità delle precipitazioni, la temperatura del suolo e dell’aria, l’irraggiamento solare, l’umidità atmosferica relativa, la velocità e la direzione del vento etc.

Ma non è finita, dal 2009 Donnafugata ha messo a disposizione della regione Sicilia mezzo ettaro di terreno per il progetto “Innovazione e Valorizzazione dei vitigni autoctoni siciliani”. Su questo campo sperimentale sono state impiantate 19 varietà autoctone di vigneti, dai più diffusi in Sicilia, quali Nero d’Avola, Grillo e Ansonica fino a quelli quasi scomparsi quali ad esempio Nocera, Vitrarolo e Alzano al fine di valutarne il possibile risultato enologico sul territorio.

Va bene, direte voi…abbiamo capito che Donnafugata è impegnata nell’ecosostenibilità dei suoi vini, ma questo che c’entra con I calici e le stelle..?

C’entra eccome… “Calici di stelle” in Sicilia si chiama (anche) Donnafugata.

Infatti é proprio a Contessa Entellina, nella tenuta di cui abbiamo parlato poco fa, che ha sede quest’anno l’evento notturno in cui si potrà passeggiare tra i vigneti al chiaro di luna, visitare la cantina di vinificazione e partecipare ad’ una straordinaria degustazione nel giardino della tenuta. Ma ci saranno anche danze e musica ad allietare la notte a Contessa Entellina, dalle 21 all’una. Il programma completo e le modalità di prenotazione  le trovate sul sito (e anche il calce a questo articolo), io vi anticipo solo che sarà la notte del 10 agosto, la notte di San Lorenzo e che sarà un’esperienza unica.

DONNAFUGATA

Vendemmia notturna

P.s. : fate attenzione a non disturbare la vendemmia notturna dello Chardonnay, iniziata il 3 agosto, che ritorna anche quest’anno a cercare di non perdere nessuno dei profumi dell’uva di questo splendido vitigno e a realizzare allo stesso tempo un risparmio energetico enorme, sfruttando la fresca notte delle colline di Contessa Entellina (16 -18 gradi) per il raffreddamento delle uve fino ai 10 gradi necessari alla pressatura.

Ma se non riuscirete ad andarci….e se un pò questo articolo vi ha incuriosito vi svelo un ultimo segreto: quest’anno si potrà godere di questa fantastica esperienza anche via internet, su Periscope.

E’ vero, i profumi non ci saranno, non potrete gustare un acino rubato ad una vigna passeggiando al chiaro di luna.

Ma provate a farlo sorseggiando un La Fuga ghiacciato, o se osate un pò di più…un Ben Rye, magari un 2008 (quello che sarà in degustazione)…sul terrazzo di casa e con tutte le luci spente… (io ci provo).

Salute a tutti.

PROGRAMMA_CaliciStelle2015_ITA

Qualche settimana fa abbiamo osato avvicinare un tema molto delicato, l’espressione artistica legata al mondo del vino. E continuiamo a parlarne dato che mi sembra che sia un tema molto sentito in questi anni, quasi che agli “artisti del vino” l’esprimersi solo tramite le creazioni enologiche non basti più, e vogliano cimentarsi con altre forme d’arte.

Il vino è un valore reale che ci da l’irreale

Sembra ci sia questa affermazione di Luigi Veronelli dietro l’intento di Maurizio Zanella, da 42 anni alla guida della prestigiosa casa vinicola Ca’ del Bosco di Erbusco – da 6 anni (due mandati 2009-2012 e 2012-2015) presidente del consorzio di tutela del Franciacorta. Il fine è dichiarato :

Esprimere una diversa idea di “civilizzazione del vino”, creando una relazione privilegiata tra le qualità delle sue strutture, territori, uomini, vino e arte

Il mezzo che è stato scelto è l’apertura di uno spazio fino a prima riservato, quello della cantina di Erbusco e delle sue pertinenze, in cui sono state inserite, quale provocazione artistica per rompere ma allo stesso tempo ricreare armonia, 7 istallazioni scultoree di alcuni famosi scultori di fama internazionale. L’apparente mancanza di collegamento con il vino si dissolve invece in una somiglianza di nascita, l’opera d’arte attende di essere liberata dal suo scultore che la scopre nel legno, nel metallo, nella pietra. Allo stesso modo la terra attende chi la trasformi in colori, sapori e profumi.

La storia di Ca’ del Bosco inizia nei primi anni 70 quando Maurizio Zanella decide di seguire la sua vocazione “artistica” e trasforma quella che era una casa in un bosco di castagni in una delle più moderne ed avanzate cantine italiane. Qualche anno prima Annamaria Clementi Zanella, la madre di Maurizio, aveva acquistato una piccola casa in collina, chiamata localmente “ca’ del bosc”. Parte da lì, nel 1968, l’idea del vigneto e la conseguente avventura che ha portato nel giro di pochi anni Erbusco, in Franciacorta, ad essere conosciuta in tutto il mondo come il paese di Ca’ del Bosco, una delle maison più rinomate per la produzione di vino di alto livello.

Torniamo ora all’arte intesa in senso stretto e vediamo un po’ più da vicino le istallazioni che fanno parte del progetto artistico di Maurizio Zanella.

Si comincia con lo splendido “Cancello Solare” che accoglie i visitatori. La scultura di Arnaldo Pomodoro rappresenta un omaggio al primo e fondamentale nutrimento dell’uva, il sole.

CANCELLO SOLARE, 1987 (scultura in bronzo ed anima in acciaio, diametro 5 m) ARNALDO POMODORO

CANCELLO SOLARE, 1987 (scultura in bronzo ed anima in acciaio, diametro 5 m)
ARNALDO POMODORO

Proseguendo nella visita nel grande giardino si trova un laghetto in cui si può ammirare la splendida scultura di Bruno Romeda, Elogio dell’ombra, e l’opera di Igor Mitoraj, Eroi di luce, in bianco marmo di Carrara, che si staglia sul verde prato della tenuta, popolata di di querce, castagni ed acacie.

ELOGIO DELL’OMBRA, 1994 (bronzo) BRUNO ROMEDA

ELOGIO DELL’OMBRA, 1994 (bronzo)
BRUNO ROMEDA

EROI DI LUCE, 1991 ( scultura in marmo bianco di Carrara 205x195x123 cm)  IGOR MITORAJ

EROI DI LUCE, 1991 ( scultura in marmo bianco di Carrara 205x195x123 cm)
IGOR MITORAJ

L’interno dello stabilimento produttivo non lascia alcun dubbio sulla volontà di rottura degli schemi. Infatti quello che è sospeso sopra le teste di chi si inoltra nell’area vinificazione è nientemeno che un rinoceronte in vetroresina e cemento, lungo 400 cm, e imbrigliato quasi a volerne sfidare la vitalità e l’energia di cui l’animale (ancorchè immobile) è portatore. L’artista, Stefano Bombardieri, bresciano di nascita, ha lavorato a lungo nel parco di Gardaland dove ha costruito balene, rinoceronti, mostri marini e altro.

Con il suo “IL PESO DEL TEMPO SOSPESO” sembra volerci spiegare come si possa “contenere” anche la forza più dirompente, più esuberante, e lo fa in cantina, lì dove anche le bollicine, le mitiche bollicine del Franciacorta Cuvee Prestige, vengono rinchiuse, quasi intrappolate nelle bellissime bottiglie, quasi a contenerne il vigore fino a che quel tappo non viene fatto saltare.

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BLUE GUARDIANS, 2010 (plastica riciclata, 155 cm).

Il rinoceronte di Bombardieri non è l’unico animale della tenuta, si sono anche i lupi, i “BLUE GUARDIANS” del Cracking Art Group, che dal tetto dello stabilimento osservano con uno sguardo vigile ma in qualche modo benevolo lo spazio a nord della tenuta. Sono realizzati in plastica riciclata e si inseriscono in modo quasi invisible, ma allo stesso tempo di rottura (del resto il nome del gruppo che li ha creati è eloquente), tra i vigneti e il bosco che compongono la tenuta. Fa riflettere il fatto che entrambi gli “animali”, il lupo e il rinoceronte, pur essendo perfettamente inseriti nell’ambiente, in realtà lo sono nel posto sbagliato, quindi non possono non essere notati. Ed è forse questo l’intento di Maurizio Zanella, che del progetto è l’ideatore.

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CODICE GENETICO RABARAMA, pseudonimo di Paola Epifani

Siamo alla conclusione, le ultime due opere, anche queste collocate all’interno.

“CODICE GENETICO”, di Rabarama (pseudonimo di Paola Epifani) è una delle numerose sculture della famosa artista romana conosciuta in tutto il mondo che ritrae una figura umana, perfetta nelle proporzioni e nella sensazione spaziale ed è ricoperta ,al contrario di molte altre, spesso rivestite di motivi geometrici, di un vero e proprio puzzle, teso a nascondere e a svelare al tempo stesso un misterioso codice.

La figura è raccolta, in una posizione quasi fetale, quasi a volersi dischiudere ma a non osare farlo.

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IL DIONISO BRUNO CHERSICLA

“IL DIONISO” di Bruno Chersicla, artista triestino morto nel maggio del 2013, noto tra l’altro per essere entrato nel guinnes dei primati nel 2001 per avere realizzato la più grande pittura del mondo sulla piazza Unità di Trieste, è forse l’opera più “intonata” alla location in cui è inserita. Il dio del vino infatti è stato collocato nella Sala Camino, la sala destinata alle degustazioni.

Tuttavia non è una scelta scontata, infatti la raffigurazione nello stile tipico di Chersicla, con una scomposizione di forme che crea quasi delle parti meccaniche partendo dai lineamenti del viso della divinità, ne sconfessa la serietà propria di una delle due raffigurazioni classiche, che gli attribuisce un aspetto maestoso e grave, con la barba e i capelli lunghi e lo trasforma in una specie di pupazzo a molla che sbuca da un calice sottolineando invece lo spirito gioviale e naturale che è proprio della raffigurazione più festaiola e rumorosa che conosciamo dalla tradizione romana dei Baccanali.

Così anche il vino, così serio e ricco di tradizione da un lato e giocoso, rumoroso se vogliamo, dall’altro può manifestare entrambe le sue anime, così come Dioniso.

Dobbiamo ringraziare Ca’ del Bosco che ci ha fornito il suo supporto per la realizzazione di questo articolo fornendoci anche del materiale, come ad esempio le splendide foto qui sotto, che ritraggono le pupitres in cantina e una suggestiva vista dei vigneti.

Pupitres in cantina

Pupitres in cantina

Ca' del Bosco_outside_by Giuseppe La Spada-

Ca’ del Bosco_outside_by Giuseppe La Spada-

Una piccola anticipazione: di vino e arte parleremo ancora…sempre che l’argomento sia di vostro interesse. Diteci cosa ne pensate partecipando al sondaggio qui sotto… vi aspettiamo numerosi con le vostre risposte.

Intanto,

Salute a tutti

E’ una strana coincidenza, forse quasi una congiuntura, quella che ho notato in questi giorni. Una nuova primavera del vino, fuori dalle solite manifestazioni, all’insegna di iniziative culturali che prendono vita dal vino, dal suo aroma, quasi a volerne diffondere il profumo in “stanze” che di solito gli sono vietate.

Il vino incontra la pellicola cinematografica e si trasforma in un corto d’autore che parla di come il vino nasce. Seduto sulla poltroncina da regista, Nicolangelo Gelormini, un giovane regista napoletano che ha già avuto modo di collaborare con alcuni grandi registi quali Paolo Sorrentino, David Lynch e Luca Ronconi.

La cornice è l’Irpinia, una terra montuosa incastonata in un sud che cerca di riscattarsi dal suo passato…Il committente, senza finalità autocelebrative, Piero Mastroberardino, il patron dell’omonima cantina.

Il corto, intitolato “Sentieri di Vite“,  è stato recentemente presentato al museo Madre di Napoli ma sarà visibile da questo mese inquadrando con lo smartphone il QRcode che sarà inserito su tutte le etichette che escono dalla cantina irpina.

Il regista ci dice qual’è il fine del suo corto:

Si è voluto narrare la sofferenza legata al vino, la sofferenza che accompagna la crescita della vite, intesa come un’entità viva

ma nelle parole sue e di Piero Mastroberardino si avverte anche il secondo fine, quello di contribuire a dare all’Irpinia una possibilità di riscatto che sembra sia mancato negli anni 80, quando dopo il terremoto che l’ha sconvolta, non si è riusciti a ripartire con i modelli giusti, come invece altre realtà hanno saputo fare.

grappolo

Un fermo immagine del video

Il regista, è riuscito a lavorare in un campo aperto (giochi di parole a parte) e a concentrare in soli 30 secondi un anno di vita della pianta della vite.

Il messaggio che se ne evince, lungi dall’essere commerciale, è forte, degno del linguaggio proprio del cinema, più che della propaganda pubblicitaria, e la singola inquadratura del filare, sferzato da pioggia, vento e neve restituisce un’idea di complessità climatica e territoriale che sfata i luoghi comuni sul Sud, associato normalmente al sole perenne. Allo stesso tempo il vapore che sembra crescere nel calice richiama un che di alchemico, suggerendo la magia che si nasconde dietro il vino.

Infine il sole, il vero protagonista, con il suo raggio che filtra nella cantina attraversa il calice e il vino, di un rosso sangue che ancora ci parla di sofferenza, inizia a riempirlo.

L’idea del “corto” è nata durante un programma di arte contemporanea in cui Piero Mastroberardino e Nicolangelo Gelormini erano entrambi in veste di artista.  Ce lo racconta lo stesso Piero Mastroberardino, al quale va tutto il merito di non aver voluto dare alcuna impronta autocelebrativa. Ricordiamo che Piero Mastroberardino, tra l’altro professore ordinario di Economia aziendale, ha già avuto modo di esplorare varie modalità artistiche, dalla poesia alla narrativa ai disegni (ricordiamo il romanzo d’esordio “Umano errare”, la raccolta lirica “All’origine dei sensi” e l’ultimo lavoro in ordine temporale, il romano “Giro di vite”).

La storia della cantina Mastroberardino inizia nel 1878 quando il bisnonno di Piero, Angelo Mastroberardino diede inizio al processo di internazionalizzazione del vino irpino e prosegue nella pionieristica visione del nonno, Michele, che agli inizi del Novecento comincia ad esportare i suoi vini in Brasile, Argentina, Urugay, Canada e Stati Uniti. Un altro punto fermo nella storia della casa vinicola è il 1945, anno in cui a causa della Seconda guerra Mondiale il padre di Piero, Antonio attiva un processo di rifondazione basato sulla viticultura antica, di impronta greca e romana in contrasto con la viticultura moderna, più facile, più di mercato.

Cantina

Una suggestiva immagine della cantina

Grotte 1

Un’immagine delle grotte, con la volta affrescata

L'antico inconta il moderno, un vigneto di Aglianico negli scavi di Pompei

L’antico incontra il moderno, un vigneto di Aglianico negli scavi di Pompei

I tre pilastri fondamentali su cui si basa oggi la produzione di Mastroberardino sono le tre Docg, Il Greco di Tufo, il Fiano di Avellino e il Taurasi.

Ne riportiamo di seguito le schede tratte dal sito della cantina.

Fiano di Avellino

Fiano di Avellino DOCG

Greco di Tufo Docg

Greco di Tufo Docg

Radici Taurasi

Radici Taurasi

L’Irpinia, questa terra un po’ sconosciuta e un po’ discussa, associata per molti anni solo alla tremenda tragedia di quel terremoto che nel 1980 l’ha distrutta e sconvolta, si sta riscattando e lo fa anche attraverso i produttori che fanno delle sue asprezze i punti di forza dei loro vini, comunicandolo con mezzi espressivi non nuovi, ma con linguaggi inconsueti e di forte impatto emotivo.

Salute a tutti.

Qualche settimana fa abbiamo parlato di una iniziativa della cantina Campo alla sughera che fondava di fatto il primo museo di Urban art tra i vigneti.

Ci eravamo lasciati con la curiosità su chi fosse il Writer scelto dalla cantina per la prima opera, quella che sarebbe stata presentata il giorno 22 marzo al Vinitaly, quale anteprima dell’iniziativa.

Ebbene, il grande giorno è arrivato, l’anteprima c’è stata.

E sono lieto di comunicarvi che l’artista scelta è un’ italiana che, come i vini di Bolgheri, si sta facendo conoscere in tutto il mondo. Parliamo di Laurina Paperina, La Pape come si firma lei.

Con un nome che sembra uscito da un fumetto (e vedremo che i riferimenti al mondo delle stripes non mancano nella sua opera), Laurina Paperina nasce a Rovereto (TN) nel 1980 e già da piccola si è guadagnata, con un evento che poteva essere tragico, il suo nome d’arte. Narra la “leggenda” che un’auto l’abbia investita provocandole l’appiattimento dei piedi, trasformandola in una “paperina”.

La carriera di Laurina Paperina inizia nel 1999 con il suo diploma in Arte Grafica e Fotografia all’Istituto d’arte di Rovereto (TN). Già nel 2002 la troviamo in un progetto su scala nazionale (lei espone a Trento) che si chiama Gemine Muse, in cui 48 giovani artisti selezionati da 25 critici d’arte hanno esposto nei musei di 28 città italiane. Ecco cosa ne scriveva allora Mariella Rossi, il noto critico d’arte, parlando dell’opera “Un gioco ironico” esposta in quell’occasione:

LAURINA PAPERINA. UN GIOCO IRONICO: Laurina Paperina ironizza sulla realtà, cosciente che, solo osservando le cose in modo distaccato, si riesce ad essere critici. Partendo da materiali poveri e di recupero, realizza sculture e disegni in uno stile fumettistico diretto e semplice, abitato da animali e personaggi resi attraverso divertenti caricature stilizzate. Qui Laurina Paperina si confronta con l’icona di Napoleone. Domina la scena un’étagère sconnessa. Sui ripiani, in risposta alle ceramiche celebrative dell’epoca, ci sono quelli che lei chiama “animalini”: sono l’aquila e il famoso cavallo bianco, che qui non incutono più paura. C’è anche un piccolo carroarmato, grazioso e colorato: è un monito fresco e lucido per riflettere sul conflitto come indesiderata costante del vivere umano.

Da allora ne passa di acqua sotto i ponti, le esposizioni si susseguono, in Italia e all’estero. Tra queste ricordiamo le prime “personali” del 2005, “Che fine ha fatto Mr Stripes?” nella sala Celio di Rovigo (mostra curata da Alfredo Sigolo) e The Amazing Pape, curata da L. Vona, nella galleria Perugi artecontemporanea di Padova.

Lo stile di Laurina rimane orientato alla definizione e implementazione di un universo infantile, popolato da buffi esserini, protagonisti di situazioni improbabili e vicende surreali.

JASON vs SMURFS

E in questo senso guardando alle sue opere tornano alla mente le parole di un “certo” Pablo Picasso

Ogni bambino è un’artista. Il problema è poi come rimanere un’artista quando si cresce.
La sua ricerca parte dalla cultura mediatica televisiva e di internet, e si lega al mondo dei writers riuscendo però a mantenere, a confronto di questi ultimi, una maggiore spinta ironica e irriverente.
E quello che ne dice Nicolas Ballario, che del vernissage tenutosi allo stand di Campo alla sughera al Vinitaly è il curatore, è emblematico:
Laurina è in assoluto l’artista più dissacrante nella scena del writing contemporaneo perché con la sua arte cerca di essere irriverente con la stessa urban art, che a volte si prende troppo sul serio
Lartista-Laurina-Paperina

Ecco l’artista posare davanti alla parete che inaugura il museo di Urban art voluto da Campo alla sughera.

Ed ecco cosa ne pensa Felice Tirabasso, direttore di Campo alla Sughera.

Con questo murales abbiamo raccontato il vino in modo divertente e originale. Non ci fermeremo qui: l’avventura di Campo alla Sughera continuerà all’insegna dell’arte.

A noi è piaciuto soprattutto un dettaglio di questa opera così “diversa” da quello che si è abituati a vedere sulle bottiglie, e chissà magari potrebbe diventare una etichetta per un vino speciale.

Laurina paperina 1

E’ un pò quello che piace fare anche a noi…parlare di vino…

Vi invitiamo a visitare il sito ufficiale www.laurinapaperina.com per rimanere rapiti dalla irriverente freschezza delle sue opere, non da ultima la serie dei “How to kill the artists” in cui Laura (il vero nome è Laura Steppini) si include con un bellissimo corto animato intitolato “How to kill Laurina Paperina”.

Salute a tutti….anzi, Quak.

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Questa settimana siamo andati a scomodare addirittura il 5 maggio e nientepopodimeno che Napoleone. L’occasione è importante. Questa settimana vi parlo di un consorzio che si chiama Viniveri…un nome che è già un programma.

Ma non sarà la solita presentazione, in occasione della consueta fiera alla Ex Fabbrica di Cerea (VR) che si terrà il 20-21-22 marzo (questa settimana…siamo un pò in ritardo).

Dicevo, non sarà la solita presentazione. Infatti questa settimana abbiamo l’occasione di parlare di Viniveri con uno dei fondatori del consorzio, Marco Casolanetti, visionario titolare di Oasi degli Angeli, un’azienda che non ha bisogno di presentazioni. Abbiamo raggiunto Marco al telefono e si è detto disponibile a darci qualche elemento in più per capire un pò meglio cos’è Viniveri.

Ma partiamo dall’inizio.

Siamo agli inizi degli anni Duemila, Fabrizio Niccolaini (fondatore nel 1985 dell’azienda agricola Massa Vecchia, sin dagli albori improntata ad un concetto di naturalità) inizia a cercare contatti con produttori che come lui rifiutano le “leggi” dell’enologia industriale.

Incontra Stanko Radikon, Nico Bensa, Angiolino Maule, Dario Princic,Walter Mlecnik, Kante e insieme decidono di partecipare a Vinitaly. Lì conoscono Nicolas Joly (pioniere della viticoltura biodinamica e fondatore di Coulée de Serrant) e scoprono che ha fondato Renaissance de Aoc, un movimento di vignaioli che si impegna a rispettare le relazioni tra i quattro elementi, calore, luce, acqua e terra.

C’est de cette compréhension qu’est née la grandeur des appellations qui garantissent aux consommateurs un gout lié à  l’originalité d’un lieu particulier.

Da lì nel gennaio 2003 seguono un seminario tenuto da Joly nella sede di Porthos e la richiesta (accolta) di Fabrizio Niccolaini, Angiolino Maule e Stanko Radikon di entrare a far parte di Renaissance.

Nel 2004 nasce Viniveri, su suggerimento di Nicolas Joly che auspicava la costituzione di un’associazione italiana.

La rete si allarga, arrivano, oltre ai 4 fondatori (Fabrizio, Stanko, Angiolino e Giampiero Bea) Baldo Cappellano, Beppe Rinaldi, Dario Princic, Nico Bensa, Walter Mlecnik, Alessandro Sgaravatti, Ezio Trinchero, Camillo Donati, Beniamino Zidarich, Marco ed Eleonora Casolanetti, Paolo Vodopivec e Giovanna Morganti.

Nello stesso anno inizia l’avventura di Villa Favorita, la splendida cornice in cui da qualche anno si svolge la manifestazione curata da Vinnatur

Non è tutto facile, ci sono problemi organizzativi ma comunque la manifestazione funziona.

Poco dopo Joly, per avere un controllo diretto sul gruppo italiano, decide di delegittimare la dirigenza e incarica Bellotti di costituire Renaissance de Aoc Italia, che diventerà referente del gruppo francese.

A questo punto le strade si dividono e Angiolino decide di fondare un proprio gruppo con un proprio manifesto e statuto -nasce Vinnatur.

La storia di Viniveri continua, con nuovi soci, con l’adesione alla Regola, con tante iniziative.

Arriviamo al 2015. Quest’anno il tema di Viniveri è “Verso un’etichetta trasparente“…ma ora sentiamo che cosa ci dice Marco Casolanetti.

1) Qual’era il vostro obiettivo (tuo e di Eleonora) quando insieme agli altri produttori “naturali” nel 2003 avete fondato Viniveri?

E’ nato per amicizia e per voglia di far bene

2) Perchè un visitatore dovrebbe venire a Viniveri a Cerea dal 20 al 22 marzo?

Per assaggiare vini buoni e nello stesso tempo conoscere i produttori che li fanno e scambiar con loro le proprie opinioni

3) Che cosa vuol dire per te il motto di quest’anno, “Verso un etichetta trasparente”?

Il consumatore ha diritto di conoscere i metodi di produzione e la composizione del vino per poter scegliere liberamente
4) Per diventare un produttore consorziato di Viniveri viene fatta anche una selezione sulla base dei prodotti o si tratta solo di una questione di metodo?
Bisogna produrre vini molto buoni e rispettosi della regola
E ora una domanda sulla tua azienda…
5) Io e molti appassionati abbiamo visto su Youtube il video della spiegazione del nuovo impianto da 40.000 piante per ettaro. Sarà da lì che nascerà il terzo “figlio” di Oasi degli Angeli dopo Kurni e Kupra?
E’ solo la continuazione del progetto Kurni
Come sempre molto diplomatico, Marco…non si sbottona…concreto e diretto come il suo vino.  Lo ringraziamo per le sue risposte… e lo ringraziamo di Kurni…
Allora, vi aspettiamo tutti a Viniveri 2015, a Cerea nell’area espositiva “La Fabbrica”, per incontrare Marco e gli altri produttori “naturali” e assaggiare alcuni tra i migliori vini in circolazione.
E poter dare quell’ardua sentenza di cui si parlava…
Salute a tutti.
PannelloProgrammaVV2015

Innanzitutto grazie a quelli che in questi giorni si sono dapprima iscritti e poi andati a ubriacare a Lazise…(il Comune ci ha mandato la bolletta con i danni…del resto le donne le avevo invitate tutte io). Grazie anche a quelli che si sono iscritti e basta. A questi ultimi (ma anche ai primi se gli è passata) chiedo un commento, così capisco se quello di cui si parla in queste pagine VIN teressa (non è un errore). FATTO…

Il fatto che il vino in Italia si sia trasformato da semplice bevanda sul tavolo di quasi tutte le famiglie a prodotto dalle infinite sfaccettature e declinazioni, spesso anche per ragioni più commerciali che altro, è sotto gli occhi di tutti. Del resto è uno dei prodotti che meglio esprime, assieme alla moda, il concetto stesso di Italia nel mondo.

Ma quello di cui vi parlo oggi va oltre…L’Italia, paese dei 4588 musei (censiti dall’Istat nel 2011), ricco di bellezze artistiche, architettoniche e naturali, diventa la sede del Primo museo di Urban Art tra le vigne al mondo.

La terra che si fregierà di questo titolo è la Toscana, Bolgheri per la precisione, patria dei Supertuscan, e in particolare la tenuta Campo alla Sughera.

Urban Artist saranno chiamati da tutto il mondo  ad esprimere il “loro” vino sulle pareti autoportanti che verranno messe a disposizione tra le vigne e che saranno, tappa dopo tappa, trasformate in un opere d’arte che andranno a costituire una esposizione permanente.

“Il writing sta divenendo sempre più protagonista nel mondo dell’arte e della cultura contemporanea e il nostro mondo deve stare al passo coi tempi. Abbiamo quindi deciso di comunicare il vino in modo totalmente nuovo e non vediamo l’ora di partire con questo progetto”.

Sono le parole di Felice Tirabasso, direttore di Campo alla Sughera. L’azienda fondata nel 1998 dalla famiglia Knauf (leader del settore dei sistemi costruttivi a secco) si è distinta da subito per l’alta qualità dei vini prodotti nei 20 ettari di vigneto e per l’innovazione tecnologica.

Non sono mancati negli ultimi secoli momenti di grande spessore culturale ed artistico in cui il vino è stato oggetto d’arte, tra i quali possiamo ricordare ad esempio la splendida opera di Caravaggio che raffigura Bacco.

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Nè molti di noi possono negare di aver fatto le migliori performance vocali o poetiche “sostenuti” da un paio di bicchieri (di troppo, aggiungerei…) di ottimo vino rosso… (qui purtroppo mi manca il file da caricare!)

Ma qui siamo di fronte a qualcosa di nuovo davvero. L’arte di strada per eccellenza, il writing, fino a qualche tempo fa poco più che un atto di vandalismo, elevato ad arte vicino ai vini tra i migliori al mondo. E messo in mostra. E portato ad una presentazione d’eccellenza come Vinitaly, dove l’azienda disvelerà domenica 22 marzo 2015 alle 12, al padiglione 9 della Toscana, allo stand C15 la prima opera acquisita, che poi verrà portata nei vigneti bolgheresi.

L’azienda non ha ancora svelato chi sarà l’artista scelto per inaugurare il museo…ma io, per quel poco che ne so (ma non è per modestia, davvero…) spero che sia uno di cui ho visto le OPERE D’ARTE in questo splendido portale.

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Brindiamo alla salute della Urban Art (e dei giovani…che siamo stanchi di sommelier incravattati!!!OPS..mi è scappato).

Salute a tutti.

Domenica 8 marzo è la festa della donna. So bene che il valore di questa giornata è di altissimo livello sociale, civile e storico, ma non è questo il blog giusto per parlarne…

Quando ero bambino era il giorno in cui raccoglievo (e più tardi compravo) dei rametti di mimosa e li regalavo a mia madre, mia sorella e al massimo alla mia fidanzatina.

Per molti anni poi la festa della donna è stata la classica occasione in cui le donne dicevano:

“per un giorno all’anno, che tutti i giorni è la festa dell’uomo”…

e poi si ritrovavano con le amiche, andavano a vedere gli spettacoli (rigorosamente per sole donne), prendevano d’assalto le pizzerie…

Insomma, facevano festa.

Ma quest’anno esagero: le invito tutte io le donne, a fare festa. Dove?

A Lazise.

A Lazise (sulla riva veronese del lago di Garda) Domenica 8 Marzo ci sarà una festa bellissima, tutta all’insegna del rosa.

Infatti, nello storico salone della Dogana Veneta il Consorzio di tutela del Bardolino presenterà al pubblico il Bardolino Chiaretto 2014, il vino che nasce dalla nuova interpretazione del classico vino rosato gardesano mediante la ricerca di un colore molto più tenue rispetto al passato e di profumi e aromi che vanno dai fiori bianchi agli agrumi, per spingersi fino alle erbe officinali. Si direbbe quasi un vino più “femminile”.

L’anno scorso nell’ambiente si è parlato di “Rivoluzione Rosè”. I punti di contatto con la festa del gentil sesso ci sono eccome…

A Lazise comunque ci possono andare anche gli uomini, (non che il rosè sia un vino per sole donne…ci mancherebbe), perchè il Consorzio di tutela del Bardolino coglie l’occasione per presentare anche Il Bardolino 2014, il classico vino rosso delle colline del Garda Orientale

E non mancherà un ospite venuto da lontano, il Salento Rosè 2014, la cui anteprima è ospitata nella sala vicina al Salone della Dogana Veneta e aperta già da sabato 7 marzo. In totale saranno presenti circa 80 aziende, una settantina i produttori di Bardolino e circa 15 i produttori di Salento Rosè, che presenteranno un totale di circa 200 vini direttamente nei loro stand, con libera degustazione dalle ore 10 alle 18. Nella zona del porticciolo, come di consueto per questa manifestazione che si ripete ogni anno, sarà allestito un mercatino di produzioni agricole locali, dai formaggi, ai salumi, dall’olio al miele.

Che dire… DONNE, é arrivato il Bardolino…

Salute a tutti

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